A volte, le donne fanno e/o dicono cose che mi incattiviscono. Le amo, le adoro, le osservo estasiato per come in loro il mondo prende un aspetto gentile e leggero e armonico, ma questo non cancella la terribile verita’: fanno cose per le quali le impalerei.
La peggiore, in assoluto, è la loro necessità di accontentare il palato pur essendosi votate a una vita di sacrifici dietetici. Il loro bisogno di sedare la gola senza per questo sentirsi peccatrici. Come? Assaggiando. Vivendo ai margini del piatto maschile e assaltandolo di quando in quando con incursioni veloci e drammatiche, devastanti, inaccettabili.
Un esempio. Un interno di un ristorante qualunque in un punto qualunque dell’occidente. L’uomo, al termine di un pasto appagante, ordina il dolce più buono del mondo, proiettandosi immagini dello stesso nella sua mente semplice, pregustando creme o sfoglie o frutti o zuccheri o. Guarda la sua compagna con un sorriso, le chiede se anche lei prende qualcosa… e la risposta è sempre, o quasi, la solita: “No, semmai ne assaggio un po’ del tuo”.
Lui non si scompone, continua a mostrare il sorriso suadente, le dice “Certo, volentieri” e nello stesso instante pensa: Ma cristo santo! Cazzo! Ma perché? E’ il dolce più buono del mondo, ho mangiato per un’ora pensando a questo momento, immaginando il sapore delle creme sulla mia lingua… e tu devi rubare impunemente alcuni momenti di gioia dalla mia vita? Bastarda maledetta!
Dolci buonissimi e piccoli, minuscoli, che si perdono in grandi piatti da nouvelle couisine. Cinque forchettate ben messe, o una decina, se opti per dosi mignon che daranno vita all’illusione di un piacere più duraturo… Già non ti basta la tua porzione… E devi darne un po’ a lei. Cazzo! Io non glielo voglio negare. Ma dico: prendine una porzione e avanzala. Avanzala, non fa niente, butto via dei soldi, quanti se ne buttano, ma almeno mi godo questo sottile piacere della vita! Macché…
Lo mangi vivendotelo male. Malissimo. Perché non sai quando il rapace attaccherà. Puoi solo limitarti a guardarla, sorridente, appostata davanti al tuo piatto con la forchetta che le gira tra le dita come un bastone da majorette. Parla come se nulla fosse, sorride, ti racconta aneddoti della sua vita. E mentre quasi ti sei dimenticato della sua dichiarazione di guerra, mentre ti perdi in un suo racconto e nelle parole che le escono di bocca e volano in alto passandole tra i capelli ZAC! La forchetta è passata nel tuo piatto ed è già in direzione della sua bocca con un pezzo del dolce più buono del mondo.
Se l’uomo la conosce da tempo, se già si aggira per casa nudo, lasciando mutande ad ogni angolo come fossero bandiere e ha eretto almeno una volta un fortino di rotoli di cartigienica vuoti, allora potrà ricorrere al trucco della fretta che fa dimenticar. Mangerà tutto in velocità (ma comunque il piacere sarà irrimediabilmente inquinato da questa furia) e alla fine la guarderà desolato e affranto dicendole: “Oh miodio! O maledizione! Scusami, perdonami, l’ho mangiato tutto e me ne sono scordato… ne ordino un altro…”.
Lei lo odierà. Certo, che lo odierà. Ma non dirà nulla e balbetterà un “Fa niente…” ingoiando alcuni litri di bile.
Se invece la confidenza è purtroppo ai minimi, se il livello di conoscenza deve ancora impennarsi o se addirittura si è alle prime uscite, ai test che potrebbero compromettere senza appelli questa crescita di livello… bé, non ci saranno trucchi utili. Loro, le donne, controllano tutte queste piccolezze. Gli uomini giudicano e valutano l’altro sesso per aspetti più profondi e complessi (belle tette, gran culo…) ma loro no; loro osservano i dettagli, i più invisibili, alcuni dei quali del tutto sconosciuti agli uomini (per esempio, lo sapevate che alle donne disturba se alla domenica, mentre vengono condotte in passeggio su un lungo lago, il loro compagno passa tutto il tempo con una radio che trasmette partite di calcio attaccatta all’orecchio? E avreste mai detto che sono felici se qualcuno le aiuta a lavare i piatti?). Certo un uomo ai primi appuntamenti non vorrà distruggere un futuro amore per degli stupidi dettagli. Dovrà fingere il sorriso, dovrà dirle “Certo, volentieri, assaggia pure un po’ del mio”.
Come in tutti i dolci che si rispettino, c’è una parte buona e una meno buona. Se l’uomo si trovasse tranquillo e solitario tra le pareti domestiche, La logica gli direbbe di mangiare prima la parte meno buona (per esempio la crosta se è una crostata) e poi godersi la migliore in poche ma favolose forchettate, in un piacere così totale che cancella per un minuto tutti gli orgasmi che ha avuto.
Ma al tavolo del primo appuntamento non si può. Qui c’è l’incognita: lei. Bastardissima creatura senza cuore che appare distratta e dimentica, ma che invero ricorda tutto. L’uomo mangia questo dolce preso dal panico. Quando colpirà? Quando attaccherà? Adesso, subito, portandosi via brandelli della parte più buona, oppure dopo, dividendo con me l’ingrato compito di mangiarsi anche la crosta?
Di solito, per uscire da questa situazione, l’uomo le ricorda il fattaccio. “Prendine pure un po’…”, porgendole il piatto. Se va bene, lei si prenderà i due pezzi migliori, ma almeno l’agonia sarà finita. L’uomo mangerà quello che rimane nel piatto in una mesta tranquillità.
Se va male, lei risponderà la seconda frase peggiore dopo “ne assaggio un po’ del tuo”: “No no, grazie, avanzamene un po’”.
L’uomo è allo stremo. Un po’?! Che cos’è “un po’”? Quantificami “un po’”. Quanto le avanzo, e che cosa le avanzo? Mica le posso dare la crosta. No, porca merda schifosa, la crosta me la mangerò io, e a lei dovrò dare la parte buona, per giunta un bel pezzetto, mica posso fare la figura del pidocchioso del cazzo.
La terza versione è un insieme delle due precedenti, ma mossa da un’incognita costante, e vede lei che all’improvviso, come un felino, fa volare la sua forchetta (o il cucchiaio, dipende dal dolce) nel piatto dell’uomo, portandosi via un bel pezzo, magari quello che lui aveva evitato di mangiare per gustarlo alla fine. E continua tranquilla e beata in questa sua tortura, afferando ogni pochi istanti un altro dei pezzi migliori, fino a mangiarseli tutti. Tutti i pezzi migliori.
L’uomo continua a sorridere, i suoi pensieri continuano a non seguire la linea delle labbra. Ho sognato quel dolce. Sono venuto in questo locale proprio per quel dolce. Io me lo sono ordinato e lo pagherò io. Tu non l’hai voluto. Cazzo, potevi prenderlo e non l’hai voluto. E ti sei mangiata il mio, brutta puttana.
Un solo pensiero galleggia nella mente dell’uomo, uscito dal ristorante dopo aver pagato la cena e i brandelli di dolce. Un solo pensiero si conficca nel suo cranio senza lasciarlo. Un solo pensiero, il solito: speriamo che almeno me la dia.
FINE (?)
Bonus Tracks: Alcuni esempi: di seguito, alcuni esempi di gioie rubate. Divertitevi a trovarne di nuovi, per passare una serata all’insegna dell’allegria, in alternativa al solito spinello di droga leggera.
1) Compri un cornetto algida all’amarena. Quello che nella foto ha una pianta di amarene infilata in una nuvola morbida di gelato cremoso e quando lo apri e togli il coperchietto di cartone trovi un gelato di granito e una mezza amarena affogata in un suo stesso sputo.
L’hai comprato in funzione di due cose soltanto: l’amarena merdosa in punta e il pimpirillino finale del cornetto, nel quale c’è quel milligrammo di cioccolato duro e squisito. Lei (o anche un tuo amico che però potrai – almeno – mandare cordialmente a farsi sodomizzare) mangerà quelle due cose.
2) Apri un saccottino del mulino bianco. Nella foto sulla confezione c’è questo saccottino aperto dal quale cola circa mezzo chilo di marmellata. Non è stato aperto, pensi, si è spezzato in due dalla pressione lavica della marmellata. Dentro c’è una fototessara di marmellata. Un c’era una volta della marmellata. Il suo ricordo.
Devi mangiare il saccottino da tutti e quattro i suoi lati, un pezzo alla volta, impastandoti la bocca e ingurgitando litri d’acqua perché un pastone di farine asciutte non calcifichi tra le tue mandibole e immaginando l’ultimo millimetro, l’ultimo agognato millimetro quadrato nel quale ti aspetta una pellicola di marmellata che ti si scioglierà tra le labbra e quando finalmente ci arrivi, quando hai quel dannato francobollo tra le dita, arriva lei e se lo mangia, sorridendoti e succhiandosi il dito. L’indice, e tu trattieni il medio.
3) L’ultimo boccone, e questo vale per tutte le cose. Mangi con relativa velocità dividendo mentalmente tutti i bocconi che sono a tua disposizione, godendoteli con un leggero anticipo. Ogni morso di panino, ogni forchettata di pasta, ogni pezzetto di bistecca preannuncia quello che seguirà. Ma al penultimo boccone lei ti mangerà l’ultimo, lasciandoti totalmente spiazzato, come in un coito interrotto.
Leggo ora questo post di una decina d’anni fa.
Oh, come lo condivido!
sono io! é tutto vero!!!! e raccontato con indubbia maestria
Se un uomo usa il verbo “avanzare” a quella maniera si merita che la donna gli freghi il pezzo più buono del dolce.
“Amore, ma perché mi rubi sempre il pezzo più buono del dolce?”
“Impara la sintassi e i verbi transitivi. Anzi. Ordinatene un altro che te ne mangio un altro po'”
Dai. Su.
Sono semi-errori di gioventù che si univano ad un utilizzo “lombardo” del suddetto verbo. Non ho mai avuto velleità letterarie e questi eran pezzi scritti come se stessi parlando al bar con qualche amico.
E la frase “Ordinatene un altro che te ne mangio un altro po'” non si può veramente sentire, quindi tanto vale lasciare la mia, così posso regalare qualche outbound link ai maestrini.
Un abbraccio.