Ennesimo trasloco nella mia vita. Il quinto. Dopo alcuni anni passati in mezzo ai boschi ho venduto la casa per spostarmi in altri lidi. Vendere la casa è stata un’esperienza quasi più traumatica del trasloco. La gente viene a guardare dove vivi e a fare domande, misura la tua esistenza con i mobili che hai in sala o i quadri appesi alle pareti. C’è chi viene per fare l’affare e ti offre una miseria. C’è l’amico dei vicini curiosi che viene a fingere di valutare l’acquisto ma in realtà vuole chiederti che lavoro fai, perché sei sempre in casa, come mai ci sono le luci accese a tarda notte. Una volta che si è accertato che non produciamo snuff movies né raffiniamo cocaina, ci offre una cifra tipo mille euro e se ne va. Ci sono quelli che devono venire a vedere la casa alle sette di sera ma poi arrivano alle nove. E quelli che vengono a vedere le case perché non hanno un cazzo da fare.
Il trasloco è mortale. Fatta la premessa che odio lavorare pagato, spostare mobili gratuitamente è davvero faticoso. Tra l’altro sono tutti molto più grandi delle porte dalle quali devono passare e molto più lunghi della curva della scala sulla quale devono transitare. Se sono piccoli e passano tranquillamente dalla porta, pesano tre quintali. Se pesano tre quintali, la loro destinazione è sempre a qualche rampa di scale da dove ti trovi. Se sono mobili che avevi comprato all’Ikea, se li smonti per poi rimontarli otterrai delle cose flaccide e tremolanti. Smonti un Billy, lo rimonti e appena ci appoggi sopra un libro si piega in diagonale. Se è con le ante, apri le ante e ti finisce addosso con tutto quel che sta dentro.
Mi sono fatto scatoloni di tutto. All’inizio per ogni scatolone vergavo a pennarello il contenuto. In modo dettagliatissimo. Libri di filosofia dalla A alla F del primo scaffale della seconda libreria… Durante il lavoro mi si sono iniziate a seccare le gonadi e ho riassunto con note tipo Libri d’arte. Poi Libri. Poi Lib. Poi non ho più scritto un cazzo mantenendo l’ordine di contenuto e infine ho buttato a casaccio negli scatoloni quello che mi capitava in mano: libri e mutande e una tazza ancora sporca di caffé che stava sulla scrivania e un calzino e un pacchetto di sigarette vuoto.
Buoni propositi: generare più immondizia durante la vita. Quando traslochi inizi a dire: questo? lo butto. E questo? lo butto. Un sacco di roba da buttare, che avevo lì e non usavo da un secolo. Ok riciclare, ok riparare, ma se una cosa è da buttare non ci sono cazzi: va buttata.
Abbiamo dato via alcuni mobili dei quali volevamo liberarci, mettendo degli annunci. Non su Ebay, perché ti mangia di commissioni. Una volta ho venduto a metà prezzo un fumetto da tre euro e alla fine tutta l’operazione mi è costata cinque euro. Oltre allo sbattimento di andare in posta. E alla discussione con il tizio che voleva una sconto e una spedizione meno cara e darmi un feedback negativo.
Quindi abbiamo messo l’annuncio su un sito di annunci. Appena è apparso sono iniziate le telefonate. Ne avrei ricevute di migliori incidendo il mio numero di cellulare nella porta del cesso di un autogrill. Telefonava ogni tipo di persona. Inclusi quelli normali, va detto per correttezza. Ma ti trovavi in discussioni di mezz’ore con gente che voleva passare a ritirare il mobile alle due di notte o pagarlo una miseria facendo l’offerta come se fossi andato a piangere al banco dei pegni. Ti fanno un favore e ti danno anche degli ordini. Ho letto che vuoi 300 euro. Ti do 50 euro e me lo porti fino al casello autostradale. Io arrivo a ritirarlo alle otto di sera, fatti trovare con una Pepsi stappata. Se gli dici no si offendono pure.
Comunque, tutto è bene quel che finisce bene. Sono seduto alla solita scrivania di fronte al solito Mac. Attorno a me, scatoloni da svuotare e mobili da riempire. Purtroppo gli scatoloni con le cose che servono subito sono sotto a quelli con le cose che non servono subito, che stanno sotto a quelli con le cose che prima o poi serviranno, che stanno sotto a quelli con le cose che non serviranno mai.
Il lato positivo del trasloco: ho ritrovato un vibratore che era finito dietro un armadio.