La rucola, con quel suo sapore amaro, mi fa letteralmente schifo. Non riesco a prendere in considerazione il fatto di mettermela nemmeno vicino alle labbra. Mi disgusta!
E fin qui, de gustibus non disputandum est, come direbbero i tizi di un popolo che purtroppo è tutto morto. Non fosse che la rucola, poco alla volta, nemmeno troppo silente, sta invadendo il mondo e nessuno fa nulla per fermarla.
All’improvviso, senza una ragione evidente, questa merdosa insalata amara è apparsa di prepotenza nel settanta percento dei piatti all’uomo conosciuti. C’era anche prima, forse. Forse sì, c’era, ma il contrasto da a volte a ovunque è così forte da aver cancellato il passato. Nei miei ricordi, non c’è traccia di rucola come un simpatico e disimpegnato angolino verde sulla tavola; il mio archivio mnemonico me la ripropone davanti agli occhi solo come un qualcosa che prima non c’era e che ora, invece, devo far levare da qualunque portata.
Mi sono ritrovato, senza poter scegliere, nella zona di mondo occupata da quelli che mangiano senza. Senza rucola, ovviamente.
Ricordo quando ancora mangiavo carne e pesce… Ero a cena in un ristorante con specialità pesce, diverso tempo fa, e nel leggere il menu mi saliva il panico. La rucola aveva la stessa frequenza dei prezzi riportati. Ogni piatto, ovvero, aveva sia un prezzo, sia una spolverata di rucola. Da ogni merdoso piatto di quel merdoso menu sbucava della merdosa rucola. Quindi, tripletta di senza. Un cocktail di gamberi senza rucola, spaghetti allo scoglio senza rucola e carpaccio di pesce spada senza rucola.
La panna cotta non ce l’aveva. Mentre vedevo il tizio che dal fondo della sala si avvicinava al tavolo con la panna cotta in mano temevo che ci sarebbe stata anche lì. Una bella tritata di rucola sulla panna cotta e via.
Che cosa ha reso potenti quelli del mondo del con? Con rucola, ovviamente. Perché non vivo in un mondo dove un amante della rucola non dovrebbe far altro che dire, semplicemente e candidamente: con rucola, per favore?
Non ci avevo mai fatto caso, perché di solito andavo direttamente al Burger King al secondo piano, ma un giorno (sempre del mio periodo carnivoro) mi fermo di fronte al bancone dell’autogrill per vedere di mangiarmi un panino, al posto del solito chicken wrap fatto con i pop corn di pollo (i pop corn di pollo? ma come cazzo li fanno? mia nonna si rivolta nella tomba) e scopro questo nuovo portento dell’arte culinaria: Icaro, il delicato e leggero panino strafigo al quale auguro la medesima sorte del suo omonimo. Gli ingredienti non me li ricordo, anche se ricordo che mi piacevano persino. Lo avevo trovato invitante e adatto al calore afoso della giornata.
Ma non l’ho preso. Ci sarà stato uno strato di un paio di centimetri di quella merdosa rucola. Ma perché, cazzo, perché? Metterla è cosa di un minuto, toglierla è roba di secoli…
… già, perché mica sempre puoi dire senza. A volte nemmeno te lo immaginavi, che te la saresti trovata da qualche parte. Giorni in cui appare all’improvviso su cibi che un tempo non la indossavano. Il filetto, per dirne una. O il carpaccio. Un tempo me li aspettavo ricoperti da favolose e morbide scaglie di grana, oggi arrivano carichi di rucola. Un po’ alla volta si infiltra ovunque. Me la sto aspettando nel cheeseburger da MacDonald (nelle pizze di Spizzico è partita subito alla grande) e come gusto di dentifricio.
E così, in quei tristi momenti, passo parecchi dei miei minuti a levare quell’insalata del cazzo dai miei piatti, all’inizio a grandi forchettate, poi in minuziosi lavori di precisione per levare l’ultimo strato di foglioline appiccicate ovunque. E tutto si raffredda. Tutto.
Mangio lento, incazzato e nervoso, per colpa di questa innocua insalatina del cazzo. Maledetta e merdosa.