Del traffico, dei motori, dei pedoni

note: il correttore automatico di word è la più grossa minchiata che io abbia mai visto in vita mia. ciò premesso, vogliate scusarmi per le parole “mischia” e “ciglioni” che potrebbero apparirvi senza una logica nel testo. per una comprensione corretta, vanno sostituite con i vocaboli, tra l’altro più eleganti, “minchia” e “coglioni“.

Da quando vivo a Milano (o comunque ci vivo buona parte della mia vita), la mia esistenza automobilistica è minata continuamente da nuove insidie che, in quanto paesano campagnolo rozzo, nemmeno immaginavo.
In paese, se telefono a un mio amico per chiedergli dov’è e mi risponde che è al bar, gli dico “Prendo la macchina e fra due minuti sono lì”; a Milano, gli dico “Mi ripeti la via? Anche il nome, per favore, che lo metto nel navigatore satellitare. Prendo la macchina e tra un paio d’ore sono lì”.
Inoltre, nel paesino non c’è il lavaggio strade, che una sera alla settimana ti fa parcheggiare la macchina in posti così lontani che se fossi in paese, per andarci, prenderei la macchina.
E non ci sono i binari del tram. La prima volta che sono stato in macchina a Milano avrò avuto vent’anni. Sono arrivato in Via Certosa con la mia Y 10 e c’erano queste strade enormi, così giù ad accelerare da bravo cazzone (per quel che si poteva con la Y 10)… Poi appena ho beccato i binari del tram e ci sono finito dentro ho come perso il controllo del mezzo e credo di aver fatto seicento metri direttamente guidato dai binari.
Il massimo sono binari del tram abbinati al pavé: se ci finisci dentro con un litro di latte ci esci con un paio di mozzarelle.

In paese, infine, non trovare parcheggio significa doverla parcheggiare a cento metri da dove si deve andare, che è una signora distanza, per la quale l’imprecazione è più che giustificata. In città, cento metri te li sogni, e duecento sono un dono piovuto dal cielo. Ma anche trecento, quattrocento, cinquecento… e via, fino al chilometro. E la distanza diventa un problema del tutto trascurabile, rapportata al tempo per trovare quel bastardissimo spazietto vuoto. Non so quando morirò, ma di certo so come: cercando un parcheggio. L’altro giorno l’ho parcheggiata su un marciapiede per la disperazione, dopo essermi accorto che era almeno la terza volta che ripartiva il cd nell’autoradio da quando avevo iniziato a cercare.

Comunque non è il non trovare parcheggio a farmi incazzare veramente, quanto il constatare che un secondo prima ce n’era una libero e lo ha appena occupato un altro. Arrivi in queste piazze strapiene di parcheggi occupati e incroci sempre questo tizio che sta scendendo dalla macchina appena parcheggiata. Si accende una sigaretta e si incammina via godendosela. Maledetto bastardo.

E’ nel traffico, però, che si consuma inesorabile il mio sistema nervoso. In queste code infinite, ingorghi, intoppi… a qualunque ora del giorno e della notte. In paese, alle tre del pomeriggio di un giorno d’inverno, potrei uscire di casa nudo con una tromba nel culo tranquillo di non essere visto. A Milano, l’unica volta che sono riuscito ad accelerare in tangenziale erano le quattro e mezza di un martedì notte. Ma dove minchia vanno tutti?
Per non impazzire, ho cominciato a passare il tempo nel traffico osservando il mondo intorno a me e ho scoperto che i nemici di noi poveri e inermi automobilisti sono principalmente una quindicina, ben divisi fra pedoni, motorini e motorette e automobilisti.

pedoni

L’INDIFFERENTE
Passa col rosso e cammina come se niente fosse, dritto e imperturbabile, con la testa leggermente bassa, ma solo in rispetto dei suoi pensieri profondi. Non per la vergogna d’essere uno stolto, come invece apparirebbe molto più logico. Il fatto che tra un ometto rosso e l’altro ci siano delle strisce pedonali disegnate gli fa credere di camminare tra pareti trasparenti che lo ripareranno dal mondo.

SCUSATE, SONO UN COGLIONE
Fa la stessa cosa di quello sopra, ovvero passa con il rosso, ma ne è consapevole e allora con le braccia fa gesti di scuse, si ferma a metà del percorso per evidenziare le scuse, ferma metaforicamente la tua macchina con la mano e dopo dieci minuti di questa agonia ha finalmente attraversato la strada. E’ convinto che ammettere la colpa la annulli, mentre non sa che spero per tutto il tempo che dall’altra parte arrivi uno e lo travolga.

L’OCHETTA
Vede che il semaforo diventa rosso, se ne fotte e si precipita lo stesso, poi però si trova in mezzo a quattrocento macchine e allora, per lo spavento, si blocca in mezzo alle strisce, fermando il traffico per mezz’ora, guardando spaesata e buttando gli occhi ovunque, con la tipica espressione che annuncia uno stridulo “ma io…”.

IL FICONE
Lo sa che è rosso, ma se ne sbatte i coglioni, lui. Sta camminando mano nella mano con la sua donna e deve dimostrarle continuamente la sua forza e il suo disprezzo del pericolo. Ma, a ben pensarci, quale pericolo? Chiunque, infatti, vedendolo precipitarsi ad attraversare col rosso, ma con quella sua bella faccia da cazzo che mostra il grugno duro al dio Ra e il petto da tacchino alla città, si fermerà immantinente per lasciarlo camminare tra inchini e cappelli levati.

LA FICONA
Lei passa, tanto è figa. Cazzo gliene frega? Anzi, i maschietti potrebbero cogliere la palla al balzo per dedicarsi a una pratica onanistica, mentre osservano il suo passaggio. Stangona, tette sode, cosce al vento, lei passa dritta e sicura del suo successo nei confronti del pubblico automobilistico maschile. Le donne dovrebbero ammutolirsi, fermarsi e ringraziarla per questi cinque minuti di rivalsa femminile nella fallocrazia stradale, invece.

LA VECCHIETTA
Fatta del “rispetto per gli anziani” una bandiera, se l’è messa a mantello e con tutte le regole ci si è candidamente forbita il culo. Il semaforo resta materia da giovani, questi drogati capelloni che vanno in giro con sciacquette mezze nude. Per lei, ormai è tempo di vendetta. Se c’è il verde tanto meglio, sennò si passa lo stesso, con quel visino un po’ triste e un po’ allegro. Triste perché gli anni passano, allegro perché finalmente può fare il cazzo che le pare.

FERMI TUTTI, PASSO IO!
Quello che si mette in mezzo alla strada e con la mano ferma le macchine perché sta passando lui. Manco fosse Batman che sta andando a sventare una rapina. Tra questi, ci sono anche un po’ di ficoni, quando proprio sono al massimo della forma.

QUELLO CHE MENA
Già per il fatto che i vostri occhi si sono incrociati, sta pensando seriamente di trascinarti giù dalla macchina e spaccarti la faccia. E questo per cominciare. Ora, se lo lasci passare con il rosso fermandoti senza inchiodare (se no si gira, ti prende a pugni il cofano e ti urla “Calma, ma non lo vedi che ci sono le strisce?”) e accendendoti una sigaretta soddisfatto (si deve proprio capire che stai pensando “Oh, finalmente mi posso fermare e accendermi questa agognata sigaretta”), questi se ne andrà felice. Ma se inchiodi, imprechi e, madre di tutti gli errori, suoni… in questo caso l’epilogo oscillerà tra la mezz’ora più brutta della tua vita ai cinque giorni di ospedale.

moto e motorini:

007 IN MISSIONE
Zigzaga tra le macchine a tutta birra, ti passa a un centimetro dallo specchietto e a tre millimetri dal cofano un secondo dopo. E’ come avere una mosca nell’abitacolo. Qui invece è una vespa, fuori dall’abitacolo. Non sai più dove cazzo guardare e alla fine, stremato, ti metti in un angolino e speri che ce la faccia a passare e sparisca per sempre dalla tua vita.

L’INCREDIBILE HULK
Ha una graziella a motore, ma sta a centro corsia come se avesse un TIR. Dritto/a e imperturbabile, il/la motociclista ha occhi solo per strada e orecchie ben tappate, quindi né abbaglianti né strombazzate lo/la faranno spostare. Il giusto sta nel mezzo, ed è lì che rimarrà, con voi dietro a sfogliare giornali o a cuocere crepes. Nella versione “Le meraviglie della natura”, a guidare la motoretta sarà una fanciulla con le orecchie di pelo appiccicate al casco (che a quanto pare è la bazza del momento), che faranno sembrare il tutto ancora più una presa per il culo.

IL FIGLIO DI TOGNI
Ti si accosta al semaforo e al verde sfreccia con un’impennata che ti lascia immerso in una nuvola di fumo, per poi partire tossendo e ritrovartelo davanti che sta ancora sfoggiando la sua penna, mentre speri di non dover spiegare alla polizia come mai ti è finito sul cofano.

automobili:

MI METTO IN SECONDA CORSIA CHE E’ VUOTA
A quindici/venti all’ora, con una bella sigarettina di quelle fini da fumare in santa pace, con dietro una coda che nemmeno al funerale della regina madre… Questi amano andar piano e tranquilli – ed è giusto così – però preferiscono farlo nella corsia di quelli che vanno un po’ più veloci. Mica per dispetto, tra l’altro. No, anzi… se uno dietro lampeggia o suona si offendono anche un po’.

L’INDECISO
Parente dei sopra menzionati, in preda a una grande indecisione resta al centro delle due corsie (nelle autostrade, i più bravi riescono a stare al centro di tre corsie). Fargli notare la cosa lo manderebbe inutilmente in panico. Non solo resterebbe al centro, ma rallenterebbe in preda a dubbi e timori sul perché dei vostri segnali.

SPECIAL COMBO: I GEMELLI SIAMESI
Strada a due corsie. Nella corsia lenta c’è uno lento, e in quella di sorpasso un coglione lento anche lui. Tu stai dietro, e non passi più. Non passi più, maledizione! E attraverso i loro lunotti vedi che davanti a te c’è una strada completamente vuota, che la distanza temporale tra te e la meta potrebbe essere di un solo minuto. Invece devi stare dietro a questi meledetti stronzi affiancati.

IL FRATELLO DI SCHUMAKER
Ti sta appiccicato al culo e ogni tanto accelera anche, per farti capire che lui è uno che va e non ha tempo da perdere. Il fatto che tu possa avere davanti un tram, una coda di quaranta macchine o un gruppetto di bambini che sta attraversando le strisce è irrilevante. Lo sa, ma non può tenere per se il suo nervosismo. Te lo deve comunicare a due tre centimetri dal culo.

LE FRECCE LE USANO GLI INDIANI
Frecce? No, grazie. Con questo motto, i cazzoni girano mentre li stai sorpassando, si inchioda tutti in allegria e ci si pianta in un casino di macchine che ti passano a destra e a sinistra, tutti e due immobili come dei cretini, ad aspettare lui il rosso di qualcuno per sgattaiolare via, e tu che lui sgattaioli per levarti dalle balle.

ANDALE ANDALE, ARIBA ARIBA!
Con questo grido alla Speedy Gonzales si immette su una strada principale uscendo da una strada secondaria mentre tu stai arrivando a 180 all’ora. Esce scattante, come se avesse una premura bestiale… e poi si piazza davanti a te a 30 all’ora. E tu impazzisci.

LA CALMA E’ LA VIRTU’ DEI FORTI
C’è sempre qualcuno che va sulle statali a 15 all’ora, e gli arrivi a culo proprio mentre dall’altra parte stanno arrivando due funerali, un matrimonio e un’altra ventina di macchine. E tu gli resti dietro e impazzisci. Non puoi sorpassarlo. Lui è lento, quasi immobile. E ogni tanto frena. Così, senza un motivo apparente. Vedi i fari rossi degli stop che gli si illuminano e non capisci il perché.
E pensi: “Ma cosa cazzo frena?”
E urli: “Ma cosa cazzo freni?!”

Tra l’altro, c’è una regola alla quale non si scappa: se sei dietro a una macchina che va a 15 all’ora in una strada tutta curve, deserta… appena appare un rettilineo nel quale sorpassare si materializzano trenta macchine che arrivano dall’altro senso. Ma non solo macchine: camion, moto, trattori, carrarmati…
Poi ancora 30 km di strada tutta curve a gomito con visibilità zero e completamente deserta, poi rettilineo con macchine, autobus e giro d’Italia dall’altro senso, ancora curve a gomito su strada deserta… e via così, a oltranza.

SCHERZETTO!
Mi metto davanti a te nella fila di destra però devo andare a sinistra, eh eh.

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