Terremoto

In un mattiniero scambio di mail con un amico, quest’ultimo mi chiedeva se riuscivo ad esser cinico anche di fronte al terremoto che ieri ha messo un po’ di strizza a tutto il nord Italia, me incluso. No, certo che no! Io abito al quinto piano. Ero seduto in cucina a fumarmi una sigaretta quando a un certo punto ho cominciato ad ondeggiare. Ho controllato che si trattasse di una sigaretta normale e lo era, ho sentito la mia dolce metà urlare e sono saltato in piedi. Abbiamo afferrato i gatti, li abbiamo messi nella gabbietta e siamo usciti di corsa dall’appartamento. Sul pianerottolo c’erano i nostri vicini. In una sorta di silenzio rumoroso ce ne siamo usciti tutti fuori dal palazzo, che non si sa mai.

Gli unici rimasti in casa sono stati gli inquilini del piano di sotto: credevano che a far traballare il palazzo fossi io, scopando.

Cose mie

Guida alla guida [per donne]

Durante le mie giornate trascorse nel traffico, argomento del quale avevo già parlato ampiamente, ho formulato delle ulteriori considerazioni senza dubbio impopolari. Ovvio che alcune cose le faccio anch’io (come sottolineano quelli con il cazzo piccolo, che mandano mail per ricordarmelo), ma quando scrivo non sono più io stesso in quanto tale, ma un io narrante super partes (sono anche un super partner, ma questa è un’altra storia), e in quanto io narrante super partes scrivo un po’ quel cazzo che mi pare…
Ho quindi stilato una piccola guida alla guida per donne, alla quale farà seguito quella per uomini che adesso non avevo voglia di scrivere, ma che ho già abbozzato.

Dare la precedenza significa aspettare che passino le auto già all’intero di una rotonda o nelle immediate vicinanze dell’incrocio. Aspettare anche quelli che stanno ancora chiudendo il garage è senza dubbio un gesto di grande cortesia e altruismo, ma fa girare i coglioni a quelli che vi stanno dietro.
Diciamo che immettersi nel traffico entro l’ora, ora e mezza, è un’ottima cosa.

Dare la precendenza in una strada nel mezzo del deserto, con visibilità di 130.000 km in tutte le direzioni, significa rallentare (anche molto, per carità), dare un’occhiata di verifica e immettersi. Non è necessario inchiodare, guardare a destra e sinistra con un binocolo per controllare che non ci siano auto a 100 km, rifarsi il trucco, sistemarsi i capelli, fare un paio di telefonate alle amiche del cuore e poi ripartire.

I limiti di velocità non vanno superati, questo è sacrosanto. Ma possono essere raggiunti, la legge lo prevede. Raggiungeteli!

Certo che potete guardare le vetrine, è un vostro diritto ben preciso. Prima, però, trovatevi un parcheggio, metteteci la macchina dentro, spegnetela e scendete.

Non è che la marcia si usa in base alla taglia del reggiseno. Potete metterle tutte, fino alla quinta.

Se un parcheggio in retro non vi esce alla prima manovra, ripetere all’infinito questa stessa manovra non vi sarà d’aiuto. E’ invece consigliato provare delle varianti, anche minime.

Se avete intenzione di comprare una jeep lunga quattro metri, sedetevi comode in poltrona e aspettate che questa voglia vi passi.

Tenendo il volto quasi appiccicato al parabrezza avrete senza dubbio una vista d’insieme migliore, ma c’è il rischio che vi si stampi sul medesimo, quando il tizio che avete dietro vi sarà entrato nel baule, dopo una frenata all’improvviso per via della vostra prudenza.

Il cruscotto non è l’alternativa al mobiletto del bagno e lo specchietto retrovisore serve per guardare le macchine che arrivano da dietro. Darsi la cipria, mettersi il rossetto, pettinarsi eccetera sono cose che avete fatto cinque minuti prima di salire in macchina, per almeno un’ora. Per quale motivo sentite il bisogno di ricominciare da capo mentre state guidando?

Se una strada ha due o tre corsie, quelle libere a sinistra sono per chi va più forte, non per farvi stare comode mentre parlate al cellulare.

(continua…)

Cose mie, Uomini & Donne

Standard: esempi pratici

L’altro giorno mi sono comprato una stampante per 39 euro. Un affare, mi sono detto. L’ho installata e l’ho usata fino allo sfinimento della cartuccia e quando si è esaurita sono andato al negozio per comprare una nuova cartuccia.
55 euro.
Scusi, può ripetere? Ma ho capito bene, ovviamente, non sono mica sordo: 55 euro.
55 euro la cartuccia e 39 euro la stampante. Chiedo se ci sono altre stampanti da 39 euro. Ce ne sono ancora: compro una stampante. Butterò quella vecchia, viva la razionalizzazione intelligente dei materiali.

E viva gli standard. C’è una parete intera, in questo megastore, alla quale sono appese varie centinaia di modelli di cartucce per stampante. Ogni maledetta stampante che esiste sulla faccia della terra ha una cartuccia differente dalle altre. Nei casi migliori, la stessa cartuccia va su due o tre stampanti diverse. Ma che figata. Fra cinquant’anni ci saranno negozi che venderanno solo ed esclusivamente cartucce. Ma che dico negozi: grandi magazzini. Vagheremo tra corsie lunghe chilometri con il nostro bigliettino in mano con su scritto quale cartuccia ci necessita, fino allo sfinimento e invecchiamento e morte dell’anima.

Già che sono al negozio mi compro un microfono, che vorrei farci delle cose per il mio sito e altri esperimenti che ho in mente da un po’ di tempo… E quando torno a casa mi accorgo che il jack del Macintosh è differente, è piccolino e servono microfonini con i jackettini piccolini fatti da Steve Jobs personalmente con le sue brave manine, io credo, proprio quelle che gli spaccherei adesso a legnate.

Intanto arriva un amico con un cd e mi dice Scusa, puoi aprire questi jpeg fatti su Mac e salvarli così che si possano vedere anche su PC? Li hanno salvati senza estensioni e Win XP non capisce da dove arrivino e così prova ad aprirli con il Media Player. Windows prova ad aprire tutto con il Media Player. Anche il Mac, però, suvvia: perché salva delle cose che poi non si possono aprire su Win? Allora apro tutte queste foto e gliele salvo con l’estensione jpg, e per sicurezza anche con quella jpeg e già che ci sono gliele salvo tutte anche in bmp. E per essere ancora più tranquillo dico a Photoshop di simulare “Windows RGB”, in alternativa a “Macintosh RGB”, così sono (quasi) sicuro che l’amico vedrà i colori (quasi) come li sto vedendo io adesso.

Nel frattempo Grazia mi chiede se so quale maledetto programma genera estensioni mcw, perché non riesce ad aprirle. Allora dopo un po’ di tempo e ricerche sull’online (per dirla con le riviste fighe) scopriamo che sono di una qualche versione vecchia di Word per Mac. Io ho Mac OS X e Word per Mac OS X non ce l’ho. Però ce l’ho per Mac OS 9. Che non è la stessa cosa. Sono due sistemi operativi diversi e se avevi Photoshop che girava sul 9 adesso te lo compri nuovo e lo fai girare sul dieci. Se no in emulazione. Ho comprato un Mac strafigo da salcazzomila euro e ci faccio girare i programmi in emulazione del vecchio sistema? Stocazzo.
Comunque bando alle ciance. Non c’è l’ho proprio sull’hard disk, quindi né X né 9 né Y né Z. Ma ce l’ho sull’iBook vecchio che non va avanti manco a spingerlo. E’ bellissimo, ma è così lento che mentre si è avviato la prima volta sono usciti dieci modelli nuovi dell’iBook. Lì sopra c’è Word per Mac, però, ed ecco che quindi passa immediatamente da merdata a figata. Ho Word 6 e questi erano fatti con Word 4 (o 5?) per Mac e niente, Word XP o Word 2000 o Word Salcazzo per Win non li riconosceva più. Si vede che alla Microsoft per risparmiare sulle righe di codice hanno levato un po’ di formati. Si saranno detti ma chi vuoi che abbia ancora dei files mcw?
Ma Word 6 per Mac li vede e allora li salvo in Word 2000 per Win, che mi dico con questi siamo tranquilli. E in RTF, ovviamente. Con l’RTF si va alla grande. Cioé, si fa per dire…

Infine, già che ci sono, decido di installarmi anche Word per Mac OS X. C’è una versione di prova sul sito della Microsoft. Si può usare per un mese e convincersi che è bellissimo e quindi comprarlo. Lo installo, lancio Word, si chiude inaspettatamente. Lo rilancio. Si richiude. Sempre inaspettatamente, of course. Il Mac dice proprio: l’applicazione si è chiusa inaspettatamente.
Il problema forse sta nel fatto che quello è Word per il Mac OS 10 o al massimo 10.1, mentre io ho Jaguar, che è 10.2… Anzi, tra un update e l’altro adesso è diventato 10.2.5.
Per Jaguar c’è un update, di Word, solo che non funziona con la versione di prova. Bisogna comprare l’originale, poi installare l’update e poi sperare che gli euro spesi non si chiudano inaspettatamente insieme a Word e alle vane speranze.

Ma io ho un sogno, I have a dream, come Berlusconi. Cioé il mio sogno non è come il suo. Con lui condivido questo fatto di avere un sogno. Il mio sogno è diverso. Nel mio sogno ci sono computer che fanno quello che devono fare e io che mi limito a dirgli cosa mi serve che facciano. Nel mio sogno compro cartucce e le infilo nelle stampanti e apro una versione di Word e scrivo e stampo e salvo e la mando a un mio amico, che se la apre se la legge se la stampa ci fa quel che vuole.
Nel mio sogno i computer sono come un televisore o un frigorifero. Funzionano, e io nemmeno so perché.
Poi, però, mi sveglio. Faccio colazione e accendo il portatile e quando mi siedo il buongiorno me lo da’ una .dll mancante.
Annullo, riprovo o tralascio?

Cose mie

Sono cose che capitano

Se telefono perché so la risposta di un quiz alla TV, trovo sempre occupato. Se è libero, non sono tra la prime dieci chiamate.

Quando alla TV dicono: adesso sorteggiamo un fortunato telespettatore, non sono mai io.

Quando scendo le scale di una stazione della metropolitana, il treno che si muove sui binari è sempre quello che sta partendo, mai quello che arriva. Dovunque io mi fermi ad aspettare il prossimo, lì sosterà il vagone più pieno di tutti. Se trovo un posto libero, c’è anche un povero vecchio che lo sta cercando.

Ci sono semafori che non ho mai visto verdi. Ogni volta che arrivo sono lì ad aspettarmi, rossi.

Nessuno mi ha mai detto: “Lei è proprio fortunato! Questo è l’ultimo”, ma ho invece sempre sentito: “Mi spiace, ho appena venduto l’ultimo…”.
Ogni volta che vado in edicola e chiedo se è già uscito il DVD di Woody Allen mi sento rispondere “E’ finito” oppure “Esce domani”. Io arrivo sempre prima o troppo tardi.

Guido a 68 all’ora in una strada il cui limite è 70 e sono costantemente sorpassato da macchine che vanno ai 350. Mentre sbadiglio annoiato premo il pedale dell’acceleratore e vado a 78,4 all’ora… e posso dire 78,4 all’ora, con questa precisione, perché è scritto sul verbale che mi arriva a casa.

Se gratto non vinco. Chi è l’autore della frase: “Non hai vinto, ritenta?” Mi piacerebbe saperlo, visto che la leggo ovunque. Insieme a “Ritenta, sarai più fortunato!”, ovviamente.

Quando dico: “Seh, figurati se sarò proprio io, a vincere”… bé, ho ragione.

Le uniche volte in cui vinco, devo prima comprare un’enciclopedia.

A volte vinco un boero. Ma i boeri mi fanno schifo. Li compro solo perché sono fatti in maniera tale da sembrare buoni, ottimi… cioccolato, ciliegia, uhm… invece mi fanno schifo. Infatti, ne vinco anche 5 o 6 di fila… La percentuale di vincita nei boeri è così alta che per essere fortunato dovrei perdere.

Quando fanno le offerte speciali, non sono mai sui prodotti che interessano a me. A volte me li compro lo stesso, tre tubetti di pasta d’acciughe alle cipolle, solo per il gusto di avere approfittato dell’offerta.

Se porto tre documenti in carta semplice servivano in carta bollata. Se li porto in carta bollata ne servivano quattro.

Se questo mese non ho, finalmente, nessuna spesa, si rompe il rubinetto o un pezzo di automobile. E’ impressionante il numero di parti di automobile che si possono rompere nell’arco del tempo.

La punta massima del traffico in tangenziale è nell’ora in cui esco io di casa. Mattina o pomeriggio o sera o notte è indifferente. Il traffico è tarato sul rumore della mia macchina che si accende. La direzione del traffico? E’ la mia.
Resto in coda e guardo le macchine veloci che sfrecciano nell’altra direzione. E nonostante tutto questo mio voler essere anticonformista, mai accade che io debba andare in quell’altra merdosa direzione!

Se è finito un ingrediente, è per il piatto che avevo ordinato io.

Se trovo un parcheggio, è a pagamento. Se pagare è comunque un ottimo compromesso, la sosta massima è di venti minuti.

Se in un gruppo dove presenzio qualcuno sta dicendo: “Dai, non prendertela, sono cose che capitano”…
Lo sta dicendo a me.

Cose mie

Ne vuoi metà del mio?

per una completa comprensione di questo testo, sarebbe opportuno aver letto (o leggere subito) il pezzo intitolato ne assaggio un po’ del tuo.

Non vorrei si pensasse che ne faccio una questione di egoismo, con questa storia del “Ne assaggio un po’ del tuo”.
No, assolutamente, non lo penso affatto. Le donne non fanno volare le posate nei nostri piatti per un loro innato e spietato egoismo. No, no e poi ancora no. Lo fanno e basta, è una loro necessità, è scritto a caratteri cubitali nel loro DNA.
E a prova della totale assenza di egoismo c’è un’altra pratica, che sta all’esatto opposto. La pratica del “Ne vuoi metà del mio?”.
Bevi mezza cocacola con me? Mangi metà della fetta di torta che voglio prendere?

Loro devono mangiare le cose a metà. Poco importa se è la metà che ti stanno per rubare dal piatto o quella che vogliono importi: basta che sia la metà.

Solito ristorante, soliti attori: una coppia. Lui dice, appoggiando per bene la schiena alla sedia e rilassandosi compiaciuto della cena: “Ah, adesso mi prendo una bella fetta di torta sacher!”
La risposta può essere una delle seguenti:

Risposta A:
Lei dice: “Ottimo, e io invece mi prendo un bunet torinese”.
Probabilità: 10% (anche meno)

Risposta B:

Lei dice: “No, prendiamola insieme, dai, io non ce la faccio a mangiarne una intera”.
Probabilità: 35%

Risposta C:
Lei dice: “No, dai, mangia metà del bunet torinese che prendo io, da sola non ce la faccio a finirlo”.
Probabilità: 55%

Alla fine, non solo ti mangi una metà, ma della cosa che non nemmeno avresti preso, rinunciando alla tua.
E’ una situazione che va avanti da anni. Gli uomini restano silenti e accettano tutto questo in nome della necessità di accoppiamento, ma sarebbe opportuno intervenire. Come? La mia idea è semplice: sfruttando una ormai consolidata e vincente invenzione, quella dei menu. Siamo nell’era dei menu preimpostati e creati ad hoc. McDonald, poi l’Autogrill, poi i ristoranti, i bar, la pizzeria sotto casa e le pizzerie da asporto. Oggi non devi più passare lunghi e angoscianti minuti a scegliere: qualcuno lo ha già fatto per te e ti serve il tutto a prezzo conveniente.
E in questa esplosione di menu, nessun locale che si rispetti si è dimenticato il “menu bimbi”. McDonald ce l’ha, Burger King ce l’ha, l’Ikea ce l’ha (biologico, evidenziano, mentre per quello adulti non lo segnalano; probabilmente quello per adulti è così: ti danno una scatola e tu te lo monti).
Perché, quindi, non fare un “menu donna”, con tutte le porzioni a metà? Mezza pizza, mezzo cartoccio di patatine fritte, mezza coca, mezza torta… Non male come idea, vero? Farebbe mangiare gli uomini più rilassati, darebbe la giusta e necessaria armonia ad un pasto. Anche le ore che seguiranno saranno più felici, e una eventuale performance erotica nel prosieguo ne trarrà sicuro beneficio (anche perché, a quanto pare, è una di quelle cose che le donne non vogliono “a metà”…)

Cose mie, Uomini & Donne