La legge del fumo

Intro: Guardo dal finestrino dell’auto il passaggio di un autobus cittadino, sul quale un adesivo mi avvisa che il suddetto si muove grazie al prodigioso e mirabolante gasolio bianco. Comunque, per quanto prodigioso, non lo sarà mai come il gasolio blu che sto facendo io, qui nella stazione ecologica di benzina. Il gasolio che sto mettendo nell’auto è privo di tutto. E’ blu, e la natura mi ringrazierà. La pubblicità, su un cartellone di fronte a me, mostra questo barile di gasolio dal quale fiori nascono spontaneamente, sani e a milioni di colori, a 600 dpi, felici del carburante che li ha messi al mondo. Poi l’autobus sgasa un po’ e una nube grigia ed ecologica entra nell’abitacolo. In mezzo a tutta questa ecologia non posso fare a meno di accendermi una sigaretta ecologica, con carta e tabacco ecologici che trasformandosi in cenere andranno a formare un tuttuno con l’ambiente, disperdendosi nello stesso, e con il filtro ecologico che resterà nel mondo per un milione di anni a beneficio di archeologi e posteri vari, incuriositi dalle usanze di quelli che vivevano dieci o quindici guerre mondiali fa.

Consapevolezza: Lei abbassa il finestrino, mentre esco dalla stazione ecologica di benzina, con la sigaretta stretta tra le labbra, per evitare che il fumo le finisca in faccia, ma è inevitabile. Inevitabile.

Dura lex: Il fumo non segue mai la direzione del vento, se accanto hai un non fumatore. Il fumo volgerà il suo cammino sempre e comunque sulla faccia del malcapitato. Vano sarà il mettersi di fianco a lui, sull’altro fianco, alle sue spalle, davanti, con le mani dietro la schiena o con le mani in alto o sbuffando con la testa alta o di lato o verso il basso oppure celando la sigaretta da quattro dita oppure oppure oppure. Il fumo si dirigerà inesorabile verso il naso del non fumatore.

A volte – a casa – fumo in sala, in un angolino del divano, con la finestra spalancata. Ma il fumo non esce subito dalla stanza per dirigersi in cielo e fare amicizia con gas vari e polveri sottili. Il fumo aspetta che lei entri nella stanza, la guarda mentre si siede sul divano accanto a me, si dirige verso il suo naso, la intossica un po’, le cambia l’umore e poi se ne va, si tuffa dalla finestra e mi lascia impotente con la patata bollente tra le mani, a scusarmi imbarazzato per la puzza ambientale.

Lo fa anche in macchina. Ho i finestrini abbassati, il mio e il suo, e guido sostenuto. L’aria mi farebbe scompigliare i capelli, se ne avessi abbastanza. I tre peli che ho in testa e persino quelli del naso prendono tutti la via del finestrino. Se non fossero attaccati a me sarebbero già volati fuori… Ma il fumo no. Lui non vola fuori: si sparge nell’abitacolo, finisce tutto tra le sue chiome e le sue narici.

C’è una coda, restiamo immobili nel traffico. Vai, adesso me ne fumo una tranquillo, penso tra me e me, sorridendo sornione, pronto ad assaporare qualche tiro di veleno senza sentirmi in colpa.
Abbasso il finestrino completamente, metto il braccio fuori, appoggio la mano che tiene la sigaretta sul tetto della macchina, in alto, in alto, sempre più in alto. Ma il fumo che si libera dalla sigaretta fa un giro al contrario e si ripresenta all’interno della vettura. Esce dal mio finestrino ed entra dal suo! Intossica di nuovo, mi strema, butto la sigaretta a metà, perché – tra l’altro – la campagna antifumo mi ha convinto, mi sento un despota a fumare in faccia agli altri.

Ristorante. All’aperto. Sotto al cielo stellato, mi dico, con l’aria che ci accarezza il viso, me ne posso accendere una in tutta tranquillità. Siamo faccia a faccia. La brezza mi ha già fatto volare a terra il menu tre volte. Le folate arrivano da destra verso sinistra. Ottimo, è l’ultima cosa che penso prima di accendere la sigaretta. Faccio un bel tiro, inalo e ne traggo godimento, sbuffo il fumo curvando un po’ la testa a sinistra (per agevolare il vento che già va da quelle parti)… e il fumo le va dritto dritto in faccia. Quello uscito dal mio corpo e quello che danza fuori dalla sigaretta.

La spengo. Cedo. Mi viene l’idea per una etichetta da mettere sui pacchetti: il fumo non segue mai la direzione del vento.

Bonus track: esperimento concreto: soffiando il fumo affacciati a una finestra, il fumo rientrerà nella stanza e avvolgerà il volto del non fumatore. Se il non fumatore è in un’altra stanza, allora il fumo farà il giro di tutte le stanze fino a quando non l’avrà trovato. Se in una casa ci sono molti non fumatori, anche il fumo prodotto da una sola sigaretta è in grado di impestare tutte le stanze.

Cose mie, Uomini & Donne

Campeggio for Dummies

Nella mia vita ho dormito un po’ ovunque, dalla camera di un hotel figo al sacco a pelo, ma arrivato all’età di trentun anni non ero mai stato in tenda.
L’occasione per fare l’esperienza è arrivata quest’anno, e l’ho accolta con la curiosità tipica di noi artisti aperti a tutto e bisognosi di vivere on the road. E’ stata una gran figata, devo dire, e certamente sarà il primo di una serie di viaggi con tenda e fornelletto, perché mi sono divertito tantissimo.

Ovviamente, però, non potevo astenermi dall’appuntarmi alcune impressioni a caldo, che vi riassumo. Se non siete mai stati in campeggio, potrebbero tornarvi utili. Se ci siete già stati, magari farete sì sì con la testa oppure no no, sempre con la testa. Se non ve ne frega un cazzo, magari farete non me ne frega un cazzo con la testa, ma comunque provate a vedere se vi riconoscete in una di queste categorie.

Le impressioni suddette sono prese da un taccuino che mi portavo appresso durante il viaggio. Alcune sono ancora da trascrivere, ma il tempo era quello che era e quindi mi sa che arriveranno un po’ alla volta, come del resto accade sempre nelle cose che scrivo.

1) Andare in campeggio e montare la tenda è come lavorare. Ti fai un culo così, però sei tu a pagare.

2) Nello shop interno al campeggio – se c’è – vendono tutto quello di cui non hai bisogno quando ci vai.

3) Se c’è una piscina, i bambini ci sguazzeranno dentro fino a notte. Se sono olandesi o tedeschi, ci sguazzeranno dentro anche se il clima è di 10 gradi.

4) Se sei in campeggio con un uomo, montate la tenda, ci sbattete dentro i sacchi a pelo e siete a posto. Se sei in campeggio con una donna, montate la tenda, poi lei la fa diventare una piccola casa arredata, poi siete a posto.

5) Quando compri una tenda, è riposta sotto vuoto in una borsa così piccola che ti sta nella tasca dai jeans. Quando devi rimettere la tenda nella borsa medesima, riesci a farci stare solo le sue cerniere.

6) Prima di partire per il campeggio ti sembra che vendano picchetti da tenda anche dal giornalaio sotto casa. Quando sei partito e scopri che hai bisogno di nuovi picchetti, ti accorgi che nessuno vende picchetti nel raggio di trecento chilometri.

7) Le tende non vengono vendute con un foglio di istruzioni per il montaggio tipo Ikea. Devi scoprire da solo come si fa.

8) La prima volta che monti la tenda ti esce benissimo, quindi la seconda volta parti di scatto e tutto infighettito perché ormai hai compreso che si tratta di un gioco da ragazzi. E ti esce una merda.

8 bis) Se la prima volta che hai montato la tenda ti è uscita fighissima e la seconda volta una merda, la terza ti uscirà anche peggio.

9) Se troverai al volo il primo campeggio individuato sulla cartina stradale, gli altri non li troverai più. Passerai il tempo a vagare per strade sconosciute dicendo “E se provassimo a girare di qui?”.

9 bis) Se trovi al volo un campeggio, non era quello che avevi individuato sulla cartina stradale.

10) Gli uomini, in linea di massima, sono dei puzzoni lerci. I bagni e le docce delle donne sono lindi (o quasi) e puliti (quasi sempre), quelli degli uomini fanno schifo. Strisce di merda nei cessi, terriccio ovunque, come se si fosse fatto la doccia un gorilla. E stendo un velo pietoso sui peli del cazzo, che gli uomini spargono ovunque e in abbondanza.

Cose mie

Odio

Sono intollerante? Non lo so.
Odio parecchie cose? Sì, a quanto pare le cose che non riesco a digerire sono molte.
Eppure non mi sento intollerante. Credo semplicemente che la vita dovrebbe essere quanto più rilassata (e rilassante) possibile, e per questo molto spesso mi trovo ad odiare i dettagli stonati, come del resto già sapete.
A chi mi dice: “Odi proprio tutto e tutti, eh?” rispondo che non è vero. In realtà non odio tutto e tutti.

Ma:

Odio i bar nei quali devi “entrare a scegliere”. Lavorando fuori casa mi capita spesso di andare a mangiare un panino o un’insalata al bar. Cammino per mezz’ora in corso Buenos Aires a Milano, sotto a un sole munito di spranga, arrivo finalmente in un bar, mi siedo a un tavolino all’aperto, stremato e affamato e assetato… e mentre i miei muscoli iniziano a rilassarsi arriva il cameriere e mi dice: “Dovete mangiare? Allora entrate a scegliere nella vetrinetta…”
Ma portami un menu, cazzo.

Odio quelli che mi mettono male il gelato sul cono. O tutto da una parte, o appena appena appoggiato sopra, così alla prima leccata mi cade a terra.

Odio i gruppi di tre persone che camminano sui marciapiedi leeentaaaameeenteee e stanno una di fianco all’altra. Gli sto dietro strisciando i piedi e lanciando maledizioni mentali e poi rischio di essere travolto da dieci macchine quando scendo dal marciapiede per sorpassarle.

Odio quando spengono i semafori alla notte. Di solito accade mentre sono fermo al rosso. Un rosso lunghissimo. Resto per cinque minuti fermo come un coglione in una Milano deserta, e quando finalmente dovrebbe diventare verde diventa giallo lampeggiante. Tre o quattro automobili, allora, appaiono dal nulla e mi attraversano la strada da destra e devo restare fermo di nuovo, per dar loro la precedenza.

Odio il postino che suona a uno per tutti – IO – alle otto del mattino, per farsi aprire la porta del palazzo. E poi nemmeno ne ha, di posta per me. Bé, ma cazzo, ma allora suona a uno a cui devi recapitare la posta, almeno!

Odio quelli che mi dicono frasi tipo “Eh, però tu avresti dovuto fare in un altro modo” quando mi trovo nella merda. Come se potessi tornare indietro e fare in un altro modo.

Odio i locali nei quali si mangia con la musica di sottofondo a palla. Se volessi mangiare con Vasco Rossi che mi canta nelle orecchie in dolby sorround andrei ad un suo concerto allo stadio S. Siro e mi comprerei due pizzette al chiosco.

Odio la pioggia né tanta né poca. Quella pioggerellina sottile e discreta, che ti bagna il parabrezza un po’ sì e un po’ no. Troppo poco per passare i tergicristalli (che scorrono sul vetro a fatica emettendo quel simpatico suono che fa: SKREAAAK. Per me è come se mi stessero passando una lametta sul glande), troppa per non passarli (e quindi te lo devi proprio ascoltare, questo SKREAAAK).

Odio i film che finiscono con “continua…” (Ritorno al futuro 2, Matrix 2…). Il film si chiude con questa parola e io resto a fissare lo schermo del cinema completamente spaesato. E poi incazzato. Ma porca puttana! Ma è un film, mica Beautiful. Deve finire! E adesso che faccio? Aspetto un altro anno? Due anni? Ma se dovessi morire? Voglio dire, spero di no, ma la vita è imprevedibile. Non posso mica esalare senza sapere come andrà a finire. Un film che non finisce mi scombussola la vita al punto che devo persino tenere a bada la morte.

Odio quelli che mi danno un appuntamento a casa mia (idraulico, elettricista, imbianchino…) per le 9, poi alle 10 telefonano per dire che sono in ritardo, che arriveranno alle 11, orario nel quale mi telefonano per dirmi che si sono persi, se posso cortesemente indicar loro la strada al telefono.
Li odio. Sono sveglio e vestito e pulito dalle 9 del mattino. Devo cagare e non ho ancora cagato per paura che arrivassero proprio mentre ero seduto sul water… e loro mi fanno restare con il sogno del cesso per ore.

Odio gli spot pubblicitari nei bancomat. Vado a prelevare del denaro, e prima di darmelo ecco che ci sono i consigli bancari per gli acquisti. Prima di prendere il tuo denaro, leggi questa nostra bella offertina su un mutuo da 350.000 euro per la tua prima casa.

Odio quelli che hanno la macchina figa e allora stanno in terza corsia, sulle autostrade, per principio. Eh, se ho il BMW da ottantamila euro che fa 300 all’ora devo stare in terza corsia, checcazzo. Sì, vabbé, beato te che ce l’hai, ma se vai a 80 all’ora mettiti in quella cazzo di seconda (o prima) corsia.

Odio i locali dove ti danno un solo menu quando ci vai accoppiato. Devi stare a guardare il soffitto mentre l’altra/o legge, poi tocca a te leggere mentre lei/lui guarda il soffitto. Ma dammi due menu, no?

Odio la maggior parte delle fessure dei distributori automatici di sigarette. Devo fare le contorsioni e slogarmi il polso, per afferrare quel maledetto pacchetto.

Odio (odio odio odio!) i dossi artificiali di plastica dura del cazzo, quelli per far rallentare le macchine nei centri abitati. Condivido lo scopo, ma odio quei dannati dossi artificiali. La velocità con la quale passare NON ESISTE. E’ tutto inutile. Gli passi sopra e SBAM! (ruote anteriori), SBADABAM! (ruote posteriori)

Odio quelli/e che calzano le scarpe da giannistica come fossero ciabatte, piegate sul tallone. Non li riesco a concepire, mi danno un fastidio quasi fisico.

Odio quelli con il motorino che, al semaforo, si fermano davanti a te, in macchina, al centro della corsia. Ma mettetevi a destra, cazzo. FATELO. Almeno fino a quando la legge non consentirà di spiaccicarvi al suolo.

Odio il meteo tra un tempo e l’altro di un film. Ormai lo mettono ovunque, ma che razza di fissa gli è presa a questi? Che dannata abitudine del cazzo è? Lo mettono ovunque. Il meteo di qua, il meteo di là, e adesso il meteo, ma vediamo subito il meteo… MA MOLLATEMI CON QUESTO CAZZO DI METEO. E, soprattutto, NON METTETELO TRA UN TEMPO E UN ALTRO DI UN FILM!
Sto guardando un film, me lo sto gustando… cosa cazzo vi fa pensare che di punto in bianco possa fottermene qualcosa delle previsioni del tempo?

Cose mie

Trasmutazione dell’atomo

C’è una crepa nel vetro. Nel lunotto della mia merdosissima Golf da 54 milioni di vecchie lire si è formata una linea breve e preoccupante, nottetempo, che dopo dieci chilometri di strada è arrivata quasi a metà del parabrezza. Guido terrorizzato, con la paura – non motivata, ma umana – che mi esploda il vetro in faccia.
Mentre aspetto che qualcuno del service Volksvagen mi risponda penso che è la seconda volta in un anno che li chiamo, che è la seconda volta che devo far trainare questa cazzo di macchina dall’ACI, che è la centomillesima volta che ho un problema, come quando mi si sono bucate due gomme in due giorni (uno dopo l’altro, e ho dovuto chiamare il service e pagare, lo giuro, più di 250 euro a uno strozzino di merda per una merdosa gomma).
Me lo merito. Me lo merito perché ho voluto spendere un sacco di per quattro ruote e un po’ di lamiera e plastica e fili elettrici e non è una cosa che fa parte del mio mondo, del mio guidare male e parcheggiare dove capita (che è l’unica cosa che si può fare a Milano) e trovarmi sempre pieno di speli e bolli sulla carrozzeria e paraurti staccati da qualche coglione privo di coglioni, che tocca e fugge. Ma sembrava dovesse essere la cosa più utile del mondo. Resistente e solida e e può capitare di fare viaggi lunghi e vai e vieni da Milano e questo e quello e la terrò per tutta la vita. Stocazzo. La vendo domani se ci riesco. Mi compro una macchina da 500 euro, di 500esima mano, così guido tranquillo e me ne batto le balle e quando sono nel traffico vado spigliato senza temere per la carrozzeria.

Adesso il tizio dell’officina mi sta dicendo, al telefono, che ci vogliono 400 euro più iva per uscire dall’impiccio, che se ho un’assicurazione (ovvio che no. ho l’assicurazione classica, che paga se vai nel culo a qualcuno e nient’altro…) mi fa le foto. No, grazie, niente foto.
Già mi è andata bene che si è rotto il lunotto, così il servizio clienti mi ha garantito i benefit del caso (e si meritano una pubblicità. Eccola: comprate Volkswagen, che hanno un service che in un’ora ti porta via la macchina e te ne mette un’altra sotto al culo). La fortuna circa il vetro rotto riguarda invece i motivi per i quali NON posso usufruire dei servizi. Per un pelo. E’ la prima volta, infatti, che mi capita una cosa del genere. Un lunotto che si crepa è molto infrequente.
Sono solito trovarmi, invece, nelle due situazioni che vado ad elencare di seguito e che il servizio mobilità non copre (c’è scritto sul libretto del service, è tutto vero e se volete vi metto online la scansione).
Le classiche rapine in banca del sabato, per esempio. Ne faccio molte, e per fortuna durante gli inseguimenti la pula non mi ha mai centrato le gomme, sparando, se no non avrei potuto chiamare il soccorso ACI e continuare poi a farmi rincorrere dalla pula con la vettura sostitutiva. Infatti leggo sul libretto: “… sono inoltre esclusi i guasti in conseguenza di partecipazione ad attività illecite…”.
Ma questo è un caso limite, che magari riguarda solo me. Che dire, però, delle situazioni che capitereranno anche a tutti voi con una cadenza piuttosto regolare, ovvero “… i fenomeni di trasmutazione dell’atomo o radiazioni provocate dall’accelerazione artificiale di particelle atomiche…”?
E’ un bel problema, e infatti ho già deciso, per esempio, che leverò dalla lista delle mie strade percorribili tutte quelle dove esplodono bombe atomiche e dove transita l’Incredibile Hulk.

Cose mie

Prestazioni ottimali

Da bravo webmaster quale ero, spendevo ogni mese svariate decine di euro in riviste completamente inutili, le quali mi illustravano il world wide web e mi illuminavano sull’uso del pc, fornendomi dati preziosissimi e allegando quasi sempre un CD pieno di:

A) Le demo dei programmi che non mi servono a un cazzo (le migliori hanno delle limitazioni che richiedono a gran voce di essere craccate, solo per il gusto di farlo. che me ne faccio di un programma che non può salvare, per esempio? almeno una sola volta, ma deve salvare, se no su cosa valuto se mi serve o meno?)

B) Le CENTOCINQUANTA utilities INDISPENSABILI da installare subito per migliorare le prestazioni del mio pc (che con 150 utilities installate sarà di certo una scheggia e non presenterà più un problema).
Tra l’altro, ogni rivista ha una selezione diversa di utilities, e quindi alla fine dovrei installarmene un 300, di indispens abili.

C) Le demo dei videogiochi che non mi servono a un cazzo.

D) Altre amenità che mentre masterizzavano il ciddì sono uscite in una nuova versione.

Installati i programmi del ciddì, guardati e cancellati (fanno tutti così, credo; poi ogni 25.000 programmi guardati ce n’è uno che gli interessa e si cercano il crack sulla rete), è il momento di leggere i servizi. I migliori sono quelli delle riviste che si rivolgono ai neofiti e che sbandierano titoli tipo “Diventa un regista con il tuo computer!”, “Programma subito in Java!”, “Tutti fotografi con il PC!” e via discorrendo…
In questi articoli si parla ai neofiti e gli si spiega come usare, per esempio, la loro copia pirata di Photoshop (deve essere per forza pirata: me lo immagino un neofita che va a spendere 1.500 euro per Photoshop e ancora non sa cos’è e cosa fa…), oppure come fare “copie di backup” e masterizzare milioni di cd con programmi, mp3 e videogiochi (tutta roba di backup, sia chiaro…) e via di questo passo…

Io e Fabio abbiamo visto con i nostri occhi un articolo che illustrava come realizzare poster e striscioni con un programma di grafica e fotoritocco. Striscione che, ovviamente, qualunque utente medio potrà poi stampare grazie al plotter a colori, periferica d’uso ormai comune, la si trova in ogni casa. Chi è che non ha un plotter a colori, oggi come oggi?

Ma la cosa migliore restano tutte queste definizioni che nel tempo mi hanno invaso il cervello, e che oggi leggo senza nemmeno farci caso come fossero poesie futuriste o ritornelli ipnotici: massima compatibilità (questa mi tormenta. parlare di massima compatibiltà nel mondo informatico e come parlare di Satana in chiesa); proteggi la tua privacy; prestazioni ottimali; pc multimediale (pc multimediale mi disgusta. che cazzo significa? citando Kerényi: “E’ un pleonasmo, porca troia!”, come dire “acqua bagnata”, “cerchio rotondo” e via discorrendo…); difenditi dagli hacker; user friendly (spesso riferito a Windows, che è user friendly come il cubo di Rubik); i migliori siti della rete (la cosa buffa è che di solito sono i peggiori); protezione totale; potenza e versatilità; nuove frontiere; banda larga (la banda larga poi mi ha strarotto il cazzo: mi fanno vedere Vieri che rinuncia a un tocco di gnocca per navigare con la banda larga, ci avranno speso pure dei milioni, e poi io e Fabietto abbiamo chiesto l’attivazione di una banale linea telefonica telecom e abbiamo dovuto rivolgerci, dopo mesi di agonia, ad uno sciamano navajo per risolvere qualcosa); processori sempre più veloci; guadagna con il tuo sito (un classico dei classici, che si ripropone in mille varianti, dallo spam spaccaballe via mail all’articolo serioso e ragionato); guadagnare navigando (vedi il precedente, però in questo caso l’articolo è rivolto agli utenti e non ai webmaster); plug and play (un esempio filmato – mov quicktime -, storico, ma sempre bello)… e poi parate di Facile! Pratico! Per tutti! Punti esclamativi che si sprecano, semplicità che diventa norma…

Io leggo per abitudine, poi passo le riviste a mio padre, che ultimamente si è intrippato con il pc, anche se ha ancora delle difficoltà a tener ferma la freccina del mouse quando punta le icone. Grazie alle riviste continua a non capirne un cazzo, ma ha la nuova generazione di tutto.

Una nota finale messa in evidenza da Fabietto: LA POSTA DEI LETTORI
Ma questa gente con il computer impallato chiede aiuto scrivedo a una rivista e poi rimane lì due o tre mesi con il problema, ad aspettare di leggere la risposta?

Cose mie, L'internet