Sono cose che capitano

Se telefono perché so la risposta di un quiz alla TV, trovo sempre occupato. Se è libero, non sono tra la prime dieci chiamate.

Quando alla TV dicono: adesso sorteggiamo un fortunato telespettatore, non sono mai io.

Quando scendo le scale di una stazione della metropolitana, il treno che si muove sui binari è sempre quello che sta partendo, mai quello che arriva. Dovunque io mi fermi ad aspettare il prossimo, lì sosterà il vagone più pieno di tutti. Se trovo un posto libero, c’è anche un povero vecchio che lo sta cercando.

Ci sono semafori che non ho mai visto verdi. Ogni volta che arrivo sono lì ad aspettarmi, rossi.

Nessuno mi ha mai detto: “Lei è proprio fortunato! Questo è l’ultimo”, ma ho invece sempre sentito: “Mi spiace, ho appena venduto l’ultimo…”.
Ogni volta che vado in edicola e chiedo se è già uscito il DVD di Woody Allen mi sento rispondere “E’ finito” oppure “Esce domani”. Io arrivo sempre prima o troppo tardi.

Guido a 68 all’ora in una strada il cui limite è 70 e sono costantemente sorpassato da macchine che vanno ai 350. Mentre sbadiglio annoiato premo il pedale dell’acceleratore e vado a 78,4 all’ora… e posso dire 78,4 all’ora, con questa precisione, perché è scritto sul verbale che mi arriva a casa.

Se gratto non vinco. Chi è l’autore della frase: “Non hai vinto, ritenta?” Mi piacerebbe saperlo, visto che la leggo ovunque. Insieme a “Ritenta, sarai più fortunato!”, ovviamente.

Quando dico: “Seh, figurati se sarò proprio io, a vincere”… bé, ho ragione.

Le uniche volte in cui vinco, devo prima comprare un’enciclopedia.

A volte vinco un boero. Ma i boeri mi fanno schifo. Li compro solo perché sono fatti in maniera tale da sembrare buoni, ottimi… cioccolato, ciliegia, uhm… invece mi fanno schifo. Infatti, ne vinco anche 5 o 6 di fila… La percentuale di vincita nei boeri è così alta che per essere fortunato dovrei perdere.

Quando fanno le offerte speciali, non sono mai sui prodotti che interessano a me. A volte me li compro lo stesso, tre tubetti di pasta d’acciughe alle cipolle, solo per il gusto di avere approfittato dell’offerta.

Se porto tre documenti in carta semplice servivano in carta bollata. Se li porto in carta bollata ne servivano quattro.

Se questo mese non ho, finalmente, nessuna spesa, si rompe il rubinetto o un pezzo di automobile. E’ impressionante il numero di parti di automobile che si possono rompere nell’arco del tempo.

La punta massima del traffico in tangenziale è nell’ora in cui esco io di casa. Mattina o pomeriggio o sera o notte è indifferente. Il traffico è tarato sul rumore della mia macchina che si accende. La direzione del traffico? E’ la mia.
Resto in coda e guardo le macchine veloci che sfrecciano nell’altra direzione. E nonostante tutto questo mio voler essere anticonformista, mai accade che io debba andare in quell’altra merdosa direzione!

Se è finito un ingrediente, è per il piatto che avevo ordinato io.

Se trovo un parcheggio, è a pagamento. Se pagare è comunque un ottimo compromesso, la sosta massima è di venti minuti.

Se in un gruppo dove presenzio qualcuno sta dicendo: “Dai, non prendertela, sono cose che capitano”…
Lo sta dicendo a me.

Cose mie

Ne vuoi metà del mio?

per una completa comprensione di questo testo, sarebbe opportuno aver letto (o leggere subito) il pezzo intitolato ne assaggio un po’ del tuo.

Non vorrei si pensasse che ne faccio una questione di egoismo, con questa storia del “Ne assaggio un po’ del tuo”.
No, assolutamente, non lo penso affatto. Le donne non fanno volare le posate nei nostri piatti per un loro innato e spietato egoismo. No, no e poi ancora no. Lo fanno e basta, è una loro necessità, è scritto a caratteri cubitali nel loro DNA.
E a prova della totale assenza di egoismo c’è un’altra pratica, che sta all’esatto opposto. La pratica del “Ne vuoi metà del mio?”.
Bevi mezza cocacola con me? Mangi metà della fetta di torta che voglio prendere?

Loro devono mangiare le cose a metà. Poco importa se è la metà che ti stanno per rubare dal piatto o quella che vogliono importi: basta che sia la metà.

Solito ristorante, soliti attori: una coppia. Lui dice, appoggiando per bene la schiena alla sedia e rilassandosi compiaciuto della cena: “Ah, adesso mi prendo una bella fetta di torta sacher!”
La risposta può essere una delle seguenti:

Risposta A:
Lei dice: “Ottimo, e io invece mi prendo un bunet torinese”.
Probabilità: 10% (anche meno)

Risposta B:

Lei dice: “No, prendiamola insieme, dai, io non ce la faccio a mangiarne una intera”.
Probabilità: 35%

Risposta C:
Lei dice: “No, dai, mangia metà del bunet torinese che prendo io, da sola non ce la faccio a finirlo”.
Probabilità: 55%

Alla fine, non solo ti mangi una metà, ma della cosa che non nemmeno avresti preso, rinunciando alla tua.
E’ una situazione che va avanti da anni. Gli uomini restano silenti e accettano tutto questo in nome della necessità di accoppiamento, ma sarebbe opportuno intervenire. Come? La mia idea è semplice: sfruttando una ormai consolidata e vincente invenzione, quella dei menu. Siamo nell’era dei menu preimpostati e creati ad hoc. McDonald, poi l’Autogrill, poi i ristoranti, i bar, la pizzeria sotto casa e le pizzerie da asporto. Oggi non devi più passare lunghi e angoscianti minuti a scegliere: qualcuno lo ha già fatto per te e ti serve il tutto a prezzo conveniente.
E in questa esplosione di menu, nessun locale che si rispetti si è dimenticato il “menu bimbi”. McDonald ce l’ha, Burger King ce l’ha, l’Ikea ce l’ha (biologico, evidenziano, mentre per quello adulti non lo segnalano; probabilmente quello per adulti è così: ti danno una scatola e tu te lo monti).
Perché, quindi, non fare un “menu donna”, con tutte le porzioni a metà? Mezza pizza, mezzo cartoccio di patatine fritte, mezza coca, mezza torta… Non male come idea, vero? Farebbe mangiare gli uomini più rilassati, darebbe la giusta e necessaria armonia ad un pasto. Anche le ore che seguiranno saranno più felici, e una eventuale performance erotica nel prosieguo ne trarrà sicuro beneficio (anche perché, a quanto pare, è una di quelle cose che le donne non vogliono “a metà”…)

Cose mie, Uomini & Donne

La legge del fumo

Intro: Guardo dal finestrino dell’auto il passaggio di un autobus cittadino, sul quale un adesivo mi avvisa che il suddetto si muove grazie al prodigioso e mirabolante gasolio bianco. Comunque, per quanto prodigioso, non lo sarà mai come il gasolio blu che sto facendo io, qui nella stazione ecologica di benzina. Il gasolio che sto mettendo nell’auto è privo di tutto. E’ blu, e la natura mi ringrazierà. La pubblicità, su un cartellone di fronte a me, mostra questo barile di gasolio dal quale fiori nascono spontaneamente, sani e a milioni di colori, a 600 dpi, felici del carburante che li ha messi al mondo. Poi l’autobus sgasa un po’ e una nube grigia ed ecologica entra nell’abitacolo. In mezzo a tutta questa ecologia non posso fare a meno di accendermi una sigaretta ecologica, con carta e tabacco ecologici che trasformandosi in cenere andranno a formare un tuttuno con l’ambiente, disperdendosi nello stesso, e con il filtro ecologico che resterà nel mondo per un milione di anni a beneficio di archeologi e posteri vari, incuriositi dalle usanze di quelli che vivevano dieci o quindici guerre mondiali fa.

Consapevolezza: Lei abbassa il finestrino, mentre esco dalla stazione ecologica di benzina, con la sigaretta stretta tra le labbra, per evitare che il fumo le finisca in faccia, ma è inevitabile. Inevitabile.

Dura lex: Il fumo non segue mai la direzione del vento, se accanto hai un non fumatore. Il fumo volgerà il suo cammino sempre e comunque sulla faccia del malcapitato. Vano sarà il mettersi di fianco a lui, sull’altro fianco, alle sue spalle, davanti, con le mani dietro la schiena o con le mani in alto o sbuffando con la testa alta o di lato o verso il basso oppure celando la sigaretta da quattro dita oppure oppure oppure. Il fumo si dirigerà inesorabile verso il naso del non fumatore.

A volte – a casa – fumo in sala, in un angolino del divano, con la finestra spalancata. Ma il fumo non esce subito dalla stanza per dirigersi in cielo e fare amicizia con gas vari e polveri sottili. Il fumo aspetta che lei entri nella stanza, la guarda mentre si siede sul divano accanto a me, si dirige verso il suo naso, la intossica un po’, le cambia l’umore e poi se ne va, si tuffa dalla finestra e mi lascia impotente con la patata bollente tra le mani, a scusarmi imbarazzato per la puzza ambientale.

Lo fa anche in macchina. Ho i finestrini abbassati, il mio e il suo, e guido sostenuto. L’aria mi farebbe scompigliare i capelli, se ne avessi abbastanza. I tre peli che ho in testa e persino quelli del naso prendono tutti la via del finestrino. Se non fossero attaccati a me sarebbero già volati fuori… Ma il fumo no. Lui non vola fuori: si sparge nell’abitacolo, finisce tutto tra le sue chiome e le sue narici.

C’è una coda, restiamo immobili nel traffico. Vai, adesso me ne fumo una tranquillo, penso tra me e me, sorridendo sornione, pronto ad assaporare qualche tiro di veleno senza sentirmi in colpa.
Abbasso il finestrino completamente, metto il braccio fuori, appoggio la mano che tiene la sigaretta sul tetto della macchina, in alto, in alto, sempre più in alto. Ma il fumo che si libera dalla sigaretta fa un giro al contrario e si ripresenta all’interno della vettura. Esce dal mio finestrino ed entra dal suo! Intossica di nuovo, mi strema, butto la sigaretta a metà, perché – tra l’altro – la campagna antifumo mi ha convinto, mi sento un despota a fumare in faccia agli altri.

Ristorante. All’aperto. Sotto al cielo stellato, mi dico, con l’aria che ci accarezza il viso, me ne posso accendere una in tutta tranquillità. Siamo faccia a faccia. La brezza mi ha già fatto volare a terra il menu tre volte. Le folate arrivano da destra verso sinistra. Ottimo, è l’ultima cosa che penso prima di accendere la sigaretta. Faccio un bel tiro, inalo e ne traggo godimento, sbuffo il fumo curvando un po’ la testa a sinistra (per agevolare il vento che già va da quelle parti)… e il fumo le va dritto dritto in faccia. Quello uscito dal mio corpo e quello che danza fuori dalla sigaretta.

La spengo. Cedo. Mi viene l’idea per una etichetta da mettere sui pacchetti: il fumo non segue mai la direzione del vento.

Bonus track: esperimento concreto: soffiando il fumo affacciati a una finestra, il fumo rientrerà nella stanza e avvolgerà il volto del non fumatore. Se il non fumatore è in un’altra stanza, allora il fumo farà il giro di tutte le stanze fino a quando non l’avrà trovato. Se in una casa ci sono molti non fumatori, anche il fumo prodotto da una sola sigaretta è in grado di impestare tutte le stanze.

Cose mie, Uomini & Donne